Imbattersi nel termine “clinica” spesso spaventa, soprattutto se ci si sta informando per se stessi. Originariamente indicava la cura del malato a letto e richiama quindi nell’immaginario il tema della malattia.
Da qui ovviamente deriva la reticenza di molti a rivolgersi ad un professionista del mio ambito: chiedere un aiuto esterno significa infatti ammettere a se stessi di essere in difficoltà, di avere un problema. Il che non è facile.
La cultura in cui siamo immersi, inoltre, stigmatizza il chiedere aiuto connotandolo come un segno di debolezza, anziché riconoscerlo come un atto di coraggio.
Personalmente ritengo costruttivo pensare a qualcuno che si rivolge ad uno psicologo come ad una persona che sta vivendo un momento di difficoltà e ha intenzione di prendersi cura di sé. Non trovo molta utilità nelle etichette diagnostiche in ambito psichico, più importante per me è invece la disponibilità del paziente a mettersi in gioco indipendentemente dalla problematica che porta con sé. Chiunque può trasformare la propria vita se ha il coraggio di coinvolgersi in un percorso di cambiamento.
Tuttavia questo è l’elenco dei disturbi in cui sono specializzato (ordine alfabetico):
– accompagnamento alla morte
– disturbi da addiction (dipendenze non da sostanze)
– disturbi d’ansia
– disturbi del sonno-veglia
– disturbi della nutrizione e dell’alimentazione
– disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici
– disturbi depressivi
– disturbi di personalità
– disturbi dissociativi
– disturbi parafilici
– disturbo bipolare e disturbi correlati
– disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati
– disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi correlati
– elaborazione del lutto
– orientamento (nelle scelte professionali e di vita)